Sara Gran
La voce dentro
trad. Eva Kampmann
pagg 168
Longanesi
Amanda è un giovane architetto in ascesa, sposata a un uomo bello e fine che le dà la stabilità che le mancava. Ha coronato il suo sogno personale di farsi la casa su misura: un loft in un palazzo centenario e semi-deserto, che ha comprato a poco prezzo e ristrutturato con zelo. È lì che inizia a frantumarsi il sogno di questa vita perfetta e promettente, quando lei e il marito vengono perseguitati da un ticchettio che risuona per tutto l’appartamento. Da lì in poi, le stranezze si moltiplicano e per Amanda comincia un personale incubo senza via d’uscita. Voci interiori mai udite prima, sogni troppo realistici, strani incontri e coincidenze, e libri sulla possessione demoniaca che apparentemente per caso si materializzano davanti a lei... Amanda viene spinta alla dissolutezza e al male. Potrebbe – e vorrebbe– essere pazza, ma la spiegazione peggiore sembra anche la più plausibile. La mitica seconda sposa di Adamo, Naama, sembra essersi incarnata in lei.
Fin dalla prima pagina, il demone si manifesta come la parte più istintiva e non repressa di Amanda, incurante di formalità, istituzioni e convenzioni sociali e interessata solo a soddisfare i propri impulsi. Crolla inesorabile anche la visione che la donna ha del marito, di cui inizia a vedere con amara lucidità difetti e comportamenti irritanti. In lei si innesca una lotta tra la sua personalità di sempre e la bestialità di Naama, che le promette un immenso potere in cambio di un legame perverso e inscindibile, e che rappresenta la forza di una femminilità minacciosa.
Sara Gran, autrice statunitense appassionata di testi rari sull’occulto, imbastisce una storia che cattura da subito, inesorabile e credibile, che sembra appartenere più al campo del disturbante psicologico che del gotico, nonostante la sua impostazione la riconduca allo stesso genere di un classico come Rosemary’s Baby – e in questa discendenza troppo diretta sta forse l’unica pecca del romanzo. Resta impressa, insieme al tour de force narrativo, la formidabile immagine dell’amica immaginaria dell’Amanda bambina.
La voce dentro
trad. Eva Kampmann
pagg 168
Longanesi
Amanda è un giovane architetto in ascesa, sposata a un uomo bello e fine che le dà la stabilità che le mancava. Ha coronato il suo sogno personale di farsi la casa su misura: un loft in un palazzo centenario e semi-deserto, che ha comprato a poco prezzo e ristrutturato con zelo. È lì che inizia a frantumarsi il sogno di questa vita perfetta e promettente, quando lei e il marito vengono perseguitati da un ticchettio che risuona per tutto l’appartamento. Da lì in poi, le stranezze si moltiplicano e per Amanda comincia un personale incubo senza via d’uscita. Voci interiori mai udite prima, sogni troppo realistici, strani incontri e coincidenze, e libri sulla possessione demoniaca che apparentemente per caso si materializzano davanti a lei... Amanda viene spinta alla dissolutezza e al male. Potrebbe – e vorrebbe– essere pazza, ma la spiegazione peggiore sembra anche la più plausibile. La mitica seconda sposa di Adamo, Naama, sembra essersi incarnata in lei.
Fin dalla prima pagina, il demone si manifesta come la parte più istintiva e non repressa di Amanda, incurante di formalità, istituzioni e convenzioni sociali e interessata solo a soddisfare i propri impulsi. Crolla inesorabile anche la visione che la donna ha del marito, di cui inizia a vedere con amara lucidità difetti e comportamenti irritanti. In lei si innesca una lotta tra la sua personalità di sempre e la bestialità di Naama, che le promette un immenso potere in cambio di un legame perverso e inscindibile, e che rappresenta la forza di una femminilità minacciosa.
Sara Gran, autrice statunitense appassionata di testi rari sull’occulto, imbastisce una storia che cattura da subito, inesorabile e credibile, che sembra appartenere più al campo del disturbante psicologico che del gotico, nonostante la sua impostazione la riconduca allo stesso genere di un classico come Rosemary’s Baby – e in questa discendenza troppo diretta sta forse l’unica pecca del romanzo. Resta impressa, insieme al tour de force narrativo, la formidabile immagine dell’amica immaginaria dell’Amanda bambina.
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