ANNE TYLER
Turista per caso
Corbaccio, 320 pp.
€ 16,50
Moderna, provocatoria, sperimentale. Dubito che alcuna di queste definizioni venga usata per Anne Tyler. Eppure c’è del genio nei romanzi di questa autrice statunitense, che si è costruita una schiera di lettori fedeli grazie a una produzione “popolare” nel senso migliore (e anti-snobistico) del termine. Si veda, per questo genio poco appariscente, nel titolo di questo celebre romanzo, ristampato da Corbaccio. Il turista per caso, simboleggiato dalla poltrona con le ali, è una felice invenzione, un’immagine paradigmatica consegnata a futura memoria anche da un ispirato film che Lawrence Kasdan trasse dal romanzo nel 1988.
Dove portano queste ali? Ovunque, a patto di restare sempre comodi e di percepire il meno possibile lo spostamento da casa. Macon, il protagonista, scrive guide di viaggio per chi i viaggi li compie per dovere: a differenza degli uomini d’affari suoi lettori, per lui questa è una condizione esistenziale e non materiale. Alla realtà dei giorni e delle persone che muta inesorabile, Macon oppone una elaborata serie di strategie atte a rendere tutto indolore, persino un lutto terribile. Spostare l’attenzione dal centro delle cose al dettaglio inessenziale: un modo per lasciarsi vivere, nell’illusione però di riuscire a dare un ordine alle cose della vita (mentre lo si può dare solo ai barattoli in cucina). Il nuovo sarà rappresentato proprio da una donna che porta con sé cambiamento, disordine e adattabilità. E’ lei a scegliere l’uomo, ma sarà anche l’oggetto della prima, vera scelta compiuta da Macon.
I personaggi di Anne Tyler, da manuale di psicologia (precisissima qui è la descrizione del background familare del protagonista), soffrono dell’umana incapacità di vedersi dal di fuori, di cogliere in sé auto-inganni, contraddizioni, ridicolo. Macon non ne è immune; ma mentre si apre al mondo, apre anche gli occhi, notando come i propri placidi familiari siano “convenzionali eppure strambi”. La Tyler sa bene, e mai manca di sottolineare con ironia, che anche la vita più ordinaria è un susseguirsi di fatti assurdi e paradossali, e in questa visione sta la bellezza non appariscente delle vite che tratteggia, così dolorose, così uniche e sorprendenti.
Turista per caso
Corbaccio, 320 pp.
€ 16,50
Moderna, provocatoria, sperimentale. Dubito che alcuna di queste definizioni venga usata per Anne Tyler. Eppure c’è del genio nei romanzi di questa autrice statunitense, che si è costruita una schiera di lettori fedeli grazie a una produzione “popolare” nel senso migliore (e anti-snobistico) del termine. Si veda, per questo genio poco appariscente, nel titolo di questo celebre romanzo, ristampato da Corbaccio. Il turista per caso, simboleggiato dalla poltrona con le ali, è una felice invenzione, un’immagine paradigmatica consegnata a futura memoria anche da un ispirato film che Lawrence Kasdan trasse dal romanzo nel 1988.
Dove portano queste ali? Ovunque, a patto di restare sempre comodi e di percepire il meno possibile lo spostamento da casa. Macon, il protagonista, scrive guide di viaggio per chi i viaggi li compie per dovere: a differenza degli uomini d’affari suoi lettori, per lui questa è una condizione esistenziale e non materiale. Alla realtà dei giorni e delle persone che muta inesorabile, Macon oppone una elaborata serie di strategie atte a rendere tutto indolore, persino un lutto terribile. Spostare l’attenzione dal centro delle cose al dettaglio inessenziale: un modo per lasciarsi vivere, nell’illusione però di riuscire a dare un ordine alle cose della vita (mentre lo si può dare solo ai barattoli in cucina). Il nuovo sarà rappresentato proprio da una donna che porta con sé cambiamento, disordine e adattabilità. E’ lei a scegliere l’uomo, ma sarà anche l’oggetto della prima, vera scelta compiuta da Macon.
I personaggi di Anne Tyler, da manuale di psicologia (precisissima qui è la descrizione del background familare del protagonista), soffrono dell’umana incapacità di vedersi dal di fuori, di cogliere in sé auto-inganni, contraddizioni, ridicolo. Macon non ne è immune; ma mentre si apre al mondo, apre anche gli occhi, notando come i propri placidi familiari siano “convenzionali eppure strambi”. La Tyler sa bene, e mai manca di sottolineare con ironia, che anche la vita più ordinaria è un susseguirsi di fatti assurdi e paradossali, e in questa visione sta la bellezza non appariscente delle vite che tratteggia, così dolorose, così uniche e sorprendenti.
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