Monday, December 14, 2009

Per Petterson
Fuori a rubar cavalli
Traduzione di Cristina Falcinella
Guanda
pagine 250, € 15

1999: il sessantasettenne norvegese Trond lascia la vita metropolitana di Oslo per ritirarsi nei boschi, in una casa isolata e in parte da riattare, insieme al proprio cane. Alla ricerca di solitudine, con una radio come unica compagnia, si affida a una routine di lavori quotidiani per riempire le proprie giornate e sfuggire ai ricordi del passato. Ma una bizzarra coincidenza – che lui stesso giudica degna di finzione romanzesca – gli fa incontrare Lars, uno dei protagonisti della sua infanzia: è il fratello del suo amico ed eroe personale Jon, con cui Trond visse l’episodio che dà titolo al romanzo, il “furto” di cavalli in una mattina d’estate, nei boschi dove passava la villeggiatura con la famiglia. Il passato torna inesorabile, riaffacciandosi alla sua mente con la serie di eventi che segnò il passaggio da una infanzia idilliaca a un’età adulta complicata e piena di ambiguità e misteri.
Fuori a rubar cavalli è un romanzo strano: è improntato a un quieto realismo (lo stile predilige la coordinata), non cede mai al sensazionalismo e prende in contropiede il lettore, dandogli più di quanto sembra promettere. Trond quattordicenne scopre nuove verità sull’amatissimo padre, che in seguito abbandonerà la famiglia, così come al lettore viene rivelato quasi incidentalmente che cosa lo abbia spinto, da ultrasessantenne, a ritirarsi nei boschi. L’incontro con Lars adulto incrina la monotonia delle sue giornate da eremita, costringendolo a confrontarsi di nuovo con le proprie emozioni e con l’episodio tragico che sconvolse due famiglie e allontanò per sempre l’amico Jon dalla sua vita. La brevità, la mancanza di sentimentalismo e il minimalismo del libro di Petterson (il quale non a caso cita Raymond Carver tra i suoi ispiratori) nascondono in realtà una grande ricchezza e intensità di eventi. Intere esistenze vengono rivoltate da singoli attimi e casualità, mentre la vita interiore del protagonista viene sconvolta da quiete epifanie, che l’autore fa accadere con la maestria del narratore che sa sempre come dosare le parole.