John Updike
Le streghe di Eastwick
Traduzione di Stefania Bertola
Guanda
pagine 328, € 17,50
Ritorna sugli scaffali il celebre romanzo di Updike, reso celebre da un film hollywoodiano del 1987 che stravolse tuttavia lo spirito dell’opera letteraria. Alexandra, Jane e Sukie sono tre divorziate dal temperamento artistico che vivono in una claustrofobica cittadina del New England verso la fine degli anni Sessanta. La loro libertà nei costumi dà scandalo nella piccola comunità pettegola, mentre l’amicizia che le lega è il fulcro che permette loro di esercitare la magia, traendo forza dai ritmi della natura. La loro unione verrà scossa dall’arrivo dell’untuoso ma affascinante Darryl Van Horne (devil... horn: chi sarà costui?) che le coinvolge in un lascivo ménage à quatre, ma che le lascerà per un nuovo inaspettato personaggio dal nome altrettanto evocativo.
Non si sa bene da che parte prendere The Witches of Eastwick, un romanzo che era forse più incisivo nei materialisti anni Ottanta. Le tre streghe sono donne che, a differenza delle altre, hanno imparato a usare il proprio innato potere. Esprimono la propria aggressività tramite una magia molto nera, che fa spuntare penne e rametti nella bocca di una donne saccente e frustrata e scatena mali ovunque nel corpo di un’altra, vista come rivale. La loro femminilità è sensuale e dedita ai piaceri in modo quasi meccanico, mentre i figli rappresentano una seccatura da gestire nel modo più indolore possibile. Provocazioni che alla lunga suonano sterili e che, accentuate dall'inevitabile bisogno di un marito per le tre donne, hanno fruttato a Updike critiche di misoginia. Se siano le stesse streghe di Eastwick oggetto di satira, lasciamo decidere al lettore. L’impressione è che i personaggi non prendano vita del tutto. Se il finale recita, nella tipica prosa fiorita di Updike, “la vita come fumo si alza in spirali e diventa leggenda”, il romanzo però non diventa mai leggenda, mai abbastanza epico o tagliente o toccante.
Non è d’aiuto la scarsa cura redazionale dell’edizione Guanda, che consegna alle stampe perle come “anedotto” e “un’errore”: non si investe più nei bravi correttori di bozze?
Le streghe di Eastwick
Traduzione di Stefania Bertola
Guanda
pagine 328, € 17,50
Ritorna sugli scaffali il celebre romanzo di Updike, reso celebre da un film hollywoodiano del 1987 che stravolse tuttavia lo spirito dell’opera letteraria. Alexandra, Jane e Sukie sono tre divorziate dal temperamento artistico che vivono in una claustrofobica cittadina del New England verso la fine degli anni Sessanta. La loro libertà nei costumi dà scandalo nella piccola comunità pettegola, mentre l’amicizia che le lega è il fulcro che permette loro di esercitare la magia, traendo forza dai ritmi della natura. La loro unione verrà scossa dall’arrivo dell’untuoso ma affascinante Darryl Van Horne (devil... horn: chi sarà costui?) che le coinvolge in un lascivo ménage à quatre, ma che le lascerà per un nuovo inaspettato personaggio dal nome altrettanto evocativo.
Non si sa bene da che parte prendere The Witches of Eastwick, un romanzo che era forse più incisivo nei materialisti anni Ottanta. Le tre streghe sono donne che, a differenza delle altre, hanno imparato a usare il proprio innato potere. Esprimono la propria aggressività tramite una magia molto nera, che fa spuntare penne e rametti nella bocca di una donne saccente e frustrata e scatena mali ovunque nel corpo di un’altra, vista come rivale. La loro femminilità è sensuale e dedita ai piaceri in modo quasi meccanico, mentre i figli rappresentano una seccatura da gestire nel modo più indolore possibile. Provocazioni che alla lunga suonano sterili e che, accentuate dall'inevitabile bisogno di un marito per le tre donne, hanno fruttato a Updike critiche di misoginia. Se siano le stesse streghe di Eastwick oggetto di satira, lasciamo decidere al lettore. L’impressione è che i personaggi non prendano vita del tutto. Se il finale recita, nella tipica prosa fiorita di Updike, “la vita come fumo si alza in spirali e diventa leggenda”, il romanzo però non diventa mai leggenda, mai abbastanza epico o tagliente o toccante.
Non è d’aiuto la scarsa cura redazionale dell’edizione Guanda, che consegna alle stampe perle come “anedotto” e “un’errore”: non si investe più nei bravi correttori di bozze?
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