Edward St. Aubyn
La famiglia Melrose
Einaudi, euro 15,50
Traduzione di Maurizio Bartocci
È un titolo fuorviante quello scelto per l’edizione italiana di Mother’s Milk: ai Melrose lo scrittore britannico St. Aubyn aveva già dedicato un’intera trilogia (i romanzi Never Mind, Bad News e Some Hope) negli anni Novanta. Attraverso la figura del protagonista, Patrick Melrose, l'autore ha esorcizzato i traumi delle violenze subite da bambino da parte del padre, l'impulso autodistruttivo, il conflitto con l'ambiente ricco e posh di provenienza, con uno stile tuttavia più vicino alla commedia nera che al dramma.
La famiglia Melrose si apre con la folgorante scena della nascita del primogenito di Patrick, Robert, raccontata dal punto di vista del bambino: queste prime pagine, che in mano a un autore mediocre sarebbero riuscite stucchevoli e banali, segnano invece l'inizio di un romanzo brillante e profondo. Diverse soggettive si alternano, nel racconto di quattro estati nella vita dei membri della famiglia Melrose: Robert è il narratore più sorprendente, un bambino in perfetta sintonia con l'ambiente che lo circonda, capace già da piccolissimo di cogliere e imitare il lato ridicolo del suo prossimo – adulto. Patrick vive in preda a nevrosi e dipendenze e inseguendo impossibili fantasmi erotici, sua moglie Mary è totalmente assorbita dal ruolo di madre, mentre Eleanor, l'anziana signora Melrose, sta per lasciare la dimora francese di famiglia in eredità a un poco convincente guru new age.
St. Aubyn è un vero mago della parola, con cui ricrea ciò che avviene nella mente dei suoi personaggi attraverso momenti rivelatori; bambini e adulti condividono, ciascuno a suo modo, la stessa complessità di sentimenti e visione. La partecipazione emotiva dell'autore non soffoca mai l'acume tagliente con cui egli analizza situazioni e atteggiamenti, il dramma si sposa con una pacata ma implacabile satira, in particolare ai danni dei ricchi, con i loro vuoti esistenziali e le loro velleità ridicole ma spesso rovinose. Senza mai cedere al cliché o al giudizio morale.
La famiglia Melrose
Einaudi, euro 15,50
Traduzione di Maurizio Bartocci
È un titolo fuorviante quello scelto per l’edizione italiana di Mother’s Milk: ai Melrose lo scrittore britannico St. Aubyn aveva già dedicato un’intera trilogia (i romanzi Never Mind, Bad News e Some Hope) negli anni Novanta. Attraverso la figura del protagonista, Patrick Melrose, l'autore ha esorcizzato i traumi delle violenze subite da bambino da parte del padre, l'impulso autodistruttivo, il conflitto con l'ambiente ricco e posh di provenienza, con uno stile tuttavia più vicino alla commedia nera che al dramma.
La famiglia Melrose si apre con la folgorante scena della nascita del primogenito di Patrick, Robert, raccontata dal punto di vista del bambino: queste prime pagine, che in mano a un autore mediocre sarebbero riuscite stucchevoli e banali, segnano invece l'inizio di un romanzo brillante e profondo. Diverse soggettive si alternano, nel racconto di quattro estati nella vita dei membri della famiglia Melrose: Robert è il narratore più sorprendente, un bambino in perfetta sintonia con l'ambiente che lo circonda, capace già da piccolissimo di cogliere e imitare il lato ridicolo del suo prossimo – adulto. Patrick vive in preda a nevrosi e dipendenze e inseguendo impossibili fantasmi erotici, sua moglie Mary è totalmente assorbita dal ruolo di madre, mentre Eleanor, l'anziana signora Melrose, sta per lasciare la dimora francese di famiglia in eredità a un poco convincente guru new age.
St. Aubyn è un vero mago della parola, con cui ricrea ciò che avviene nella mente dei suoi personaggi attraverso momenti rivelatori; bambini e adulti condividono, ciascuno a suo modo, la stessa complessità di sentimenti e visione. La partecipazione emotiva dell'autore non soffoca mai l'acume tagliente con cui egli analizza situazioni e atteggiamenti, il dramma si sposa con una pacata ma implacabile satira, in particolare ai danni dei ricchi, con i loro vuoti esistenziali e le loro velleità ridicole ma spesso rovinose. Senza mai cedere al cliché o al giudizio morale.
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