Grace McCleen
Il posto dei miracoli
Traduzione di Norman Gobetti
Einaudi
Pagine 280, € 18
Judith è una bambina di dieci anni, che vive con il padre vedovo in una squallida cittadina operaia inglese (in un decennio apparentemente lontano dal nostro). I due appartengono a una setta fondamentalista, passano il tempo predicando la fine del mondo porta a porta e non hanno la tv. Judith, come è prevedibile, viene considerata strana da alcuni compagni di scuola ed è oggetto del loro bullismo. Quello che costoro non sanno è che la bambina, in camera sua, costruisce un mondo in miniatura – la “Terra dell’Adornamento” – utilizzando materiali di scarto: case, alberi, persone e tutto quello che le viene in mente. Per caso Judith scopre che tramite le sue creazioni riesce a far accadere eventi, anzi “miracoli”. Dal momento della scoperta inizia a sentire la voce di Dio e a dialogare con lui... Sarà l’inizio di una catena di avvenimenti impossibile da fermare.
Il posto dei miracoli è il primo romanzo della McCleen, giustamente accolto con grande favore. La voce narrante di Judith ci porta nel mondo angusto di una bambina che vive un’infanzia solitaria, oppressa dal senso di colpa per la morte della madre e dal rapporto con un padre che non sa esprimere il proprio affetto. La piccola protagonista cerca di interpretare ciò che avviene fuori dalla propria stanza usando i pochi punti di riferimento che possiede, e la “Terra dell’Adornamento” è il suo unico, obliquo mezzo per agire attivamente sulla realtà. Si tratta di un’opera d’esordio originale e toccante, credibile e narrata con sicurezza (a parte qualche trascurabile cliché). Evita note sdolcinate, e anzi mostra il lato dark dell’infanzia, quanto possano essere estremi e profondi i sentimenti di un bambino. La McCleen maneggia del materiale potenzialmente esplosivo – una religiosità rigida, bullismo e conflitti sociali, il dilemma sulla natura di Dio (è una voce nella nostra testa, il segno di un disagio mentale?) – con grazia e umanità. Triste, ma con un raggio di speranza.
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