Paul Auster
Viaggi nello scriptorium
Einaudi, euro 14,50
Traduzione di Massimo Bocchiola
L'ultima opera di Auster si insinua nel ricco filone della meta-narrativa, la narrativa "consapevole" che riflette su di sé e sul proprio ruolo nel mondo. Storie contenute in altre storie, romanzi imperniati sullo scrivere romanzi, personaggi consapevoli di esistere in un'opera di finzione, sono tra i possibili scenari di questa forma di rappresentazione, esplosa nell'epoca post-moderna, ma antica quasi quanto la narrazione. La più estrema e "logica" delle possibilità che essa offre, è che i personaggi acquisiscano consapevolezza del proprio essere tali e che incontrino il proprio creatore, colui che con la scrittura ha dato loro vita (fittizia).
E' quanto avviene in Viaggi nello scriptorium: il protagonista, Mr Blank (blank come la pagina bianca, pronta per essere scritta), si ritrova rinchiuso in una stanza, senza memoria di chi sia né della propria storia. Ha un letto, una sedia, una scrivania su cui campeggia un manoscritto non finito. Varie persone, che egli non ricorda ma che sembrano conoscerlo bene, sono carcerieri e badanti insieme, lo accudiscono coPublishn amore ma gli ricordano che ha dei conti in sospeso con loro. Sono i personaggi dei romanzi precedenti di Auster stesso, venuti a chiedere conto delle azioni dell'uomo, presumibilmente il loro creatore.
L'idea alla base del romanzo è affascinante, e coinvolge nella lettura. Ma a mano, a mano che la vicenda si dipana, la complessità allegorica prende il sopravvento sul puro piacere della narrazione. La storia narrata nel manoscritto trovato e poi completato da Blank, un canovaccio di fantapolitica non originalissimo, non contribuisce alla godibilità dell'insieme. Il maggiore difetto dei viaggi nello scriptorium di Auster è che i personaggi-carcerieri, che dovrebbero costituire l'anima del romanzo, sono delle figure piatte, non significative per chi non le conoscesse già da precedenti romanzi. Al centro resta quindi solamente la figura dello scrittore tormentato, in un tour de force narcisistico che poco aggiunge alle riflessioni sulla narrativa fatte con testa e cuore.
Viaggi nello scriptorium
Einaudi, euro 14,50
Traduzione di Massimo Bocchiola
L'ultima opera di Auster si insinua nel ricco filone della meta-narrativa, la narrativa "consapevole" che riflette su di sé e sul proprio ruolo nel mondo. Storie contenute in altre storie, romanzi imperniati sullo scrivere romanzi, personaggi consapevoli di esistere in un'opera di finzione, sono tra i possibili scenari di questa forma di rappresentazione, esplosa nell'epoca post-moderna, ma antica quasi quanto la narrazione. La più estrema e "logica" delle possibilità che essa offre, è che i personaggi acquisiscano consapevolezza del proprio essere tali e che incontrino il proprio creatore, colui che con la scrittura ha dato loro vita (fittizia).
E' quanto avviene in Viaggi nello scriptorium: il protagonista, Mr Blank (blank come la pagina bianca, pronta per essere scritta), si ritrova rinchiuso in una stanza, senza memoria di chi sia né della propria storia. Ha un letto, una sedia, una scrivania su cui campeggia un manoscritto non finito. Varie persone, che egli non ricorda ma che sembrano conoscerlo bene, sono carcerieri e badanti insieme, lo accudiscono coPublishn amore ma gli ricordano che ha dei conti in sospeso con loro. Sono i personaggi dei romanzi precedenti di Auster stesso, venuti a chiedere conto delle azioni dell'uomo, presumibilmente il loro creatore.
L'idea alla base del romanzo è affascinante, e coinvolge nella lettura. Ma a mano, a mano che la vicenda si dipana, la complessità allegorica prende il sopravvento sul puro piacere della narrazione. La storia narrata nel manoscritto trovato e poi completato da Blank, un canovaccio di fantapolitica non originalissimo, non contribuisce alla godibilità dell'insieme. Il maggiore difetto dei viaggi nello scriptorium di Auster è che i personaggi-carcerieri, che dovrebbero costituire l'anima del romanzo, sono delle figure piatte, non significative per chi non le conoscesse già da precedenti romanzi. Al centro resta quindi solamente la figura dello scrittore tormentato, in un tour de force narcisistico che poco aggiunge alle riflessioni sulla narrativa fatte con testa e cuore.