Sunday, February 18, 2007

Taichi Yamada
Una voce lontana
Nord, euro 13
Traduzione dall’edizione inglese di Emanuela Cervini

Taichi Yamada, veterano della tv e della narrativa del Sol Levante, è noto in Italia per Estranei, pubblicato anch’esso dall’Editrice Nord nel 2005. Anche questo romanzo, scritto da Yamada quasi vent’anni fa, è una storia di elementi soprannaturali che irrompono nella vita di un uomo qualsiasi. Tsuneo è una persona nel cui passato c’è un buco nero, un incidente da dimenticare capitato in gioventù, in una terra lontana come gli Stati Uniti. Adesso si dedica a un lavoro ingrato – è un ufficiale dell’immigrazione – e vive senza grandi slanci, in attesa di contrarre un matrimonio combinato. Finché, un giorno, un episodio inaspettato e senza spiegazione logica gli provoca delle sensazioni inaudite, sconvolgenti e bellissime. Una voce inizia a parlargli telepaticamente: si tratta di una donna che gli chiede di conversare con lei, di raccontarle la sua vita, e in particolare ciò che era avvenuto negli USA. Questa entità diventa sempre più importante nella vita di Tsuneo, che inizia a trascurare il lavoro, a porsi dubbi sulla personalità della ragazza che sta per sposare, e addirittura a farsi beffe di importanti rituali sociali. Chi è la donna della voce, e lo scoprirà mai Tsuneo?...
Come in Estranei, la scrittura dell’autore è lineare, precisa, capace di esprimere suggestioni complesse e di esplorare con sapienza la psicologia del suo protagonista. Il mistero non è un espediente per donare brividi a buon mercato, bensì lo specchio che rivela i veri sentimenti di personaggi che hanno represso i propri istinti più profondi e che si lasciano vivere. In un senso, si tratta del grimaldello che scardina le convenzioni e le apparenze, particolarmente rigide nella società giapponese. Una voce lontana parte con atmosfere insolite che mettono a prova la razionalità del lettore, per finire in una dimensione schiettamente inquietante, quasi lynchiana. Sembra che il percorso re-iniziatico che compie Tsuneo debba portarlo da qualche parte, ma in realtà il percorso stesso è il punto d’arrivo.
Celia Rees
La casa dei desideri
Salani, euro 13
Traduzione di Valentina Daniele

L’universo di Celia Rees, che migliaia di lettori appassiona nel mondo, è fatto di grandi passioni, avventura, mistero e meraviglie. Dopo storie al femminile come Il viaggio della strega bambina e Corsare, schiettamente avventurose e legate a ere lontane, l’autrice inglese propone ora un romanzo ambientato in un tempo relativamente vicino a noi come il 1976. Il quindicenne protagonista Richard, in vacanza nel Galles con i genitori, scopre che la casa abbandonata che amava esplorare con il suo migliore amico, Wish House, è di nuovo abitata dai legittimi proprietari: si tratta degli anticonformisti Dalton, artisti. Per il ragazzo si apre un mondo nuovo, di valori sconosciuti alla sua grigia e mediocre famiglia: la ricerca della bellezza, la noncuranza alle convenzioni, l’istintività e la libertà sessuale. Con la giovane, fascinosa Clio, Richard scopre la passione, mentre il patriarca Jay, quasi un guru dell’arte figurativa, fa di lui il suo nuovo modello e musa, e sua moglie Lucia lo accoglie come un altro figlio, forse affascinata dalla sua limpida normalità.
La bravura della Rees sta nel ricreare con una scrittura essenziale ma evocativa il tipico momento indimenticabile che segna una vita: per Richard si tratta della scoperta di una dimensione diversa da quella quotidiana e della nuova apertura mentale che ne acquisisce. Il libro stesso, inframmezzato dalle descrizioni dei quadri a ispirazione celtica di Jay, ha una qualità pittorica che lo lascia impresso nella memoria. Intendiamoci, non c’è nulla di nuovo nella descrizione di un ambiente bohemien, delle sue suggestioni e dei suoi misteri, visto dal tipico outsider, che vorrebbe farne parte ma allo stesso non ha gli strumenti per capirlo fino in fondo. Il romanzo è intenso e appassiona, lasciando però un’impressione di incompletezza, come se non si sbilanciasse ad andare abbastanza nel profondo, appoggiandosi invece a stereotipi già noti.